Un tour fra epoche diverse che fa tappa in 5 musei milanesi iconici, i cui edifici storici sono stati riqualificati da grandi o famosi progettisti e architetti.
La cifra che li accomuna è la convivenza antico-moderno e la milanesità, quell’attitudine di manzoniana memoria che intercetta insieme utile ed estetica, efficienza e decoro.
E poi l’estro creativo nei dettagli e nella ricerca dei materiali, la ristrutturazione dei giardini e cortili green, l’attenzione tipica contemporanea ai temi dell’energia e dei consumi, al riuso dei materiali, ma anche al benessere e alla piacevolezza dei visitatori e di chi ci lavora: una sostenibilità in senso lato.
Parti alla volta di Fondazione Luigi Rovati, TriennaleMilano, Villa Necchi Campiglio, Fondazione Prada, Mudec e immergiti nella bellezza senza tempo.
E se vuoi gustare il bello e il buono di un caffè nell'arte, ti suggeriamo anche un tour parallelo in 5 bar dei musei milanesi da non perdere.
Il primo luogo dove ti accorgi subito di esser calato in una consapevole bellezza è la Fondazione Luigi Rovati in Corso Venezia 52, affacciata sui giardini di Via Palestro.
Non è solo un museo di arte etrusca che dialoga con opere contemporanee di Warhol, De Chirico e Picasso, ma vero e proprio polo di visioni culturali, frutto del restyling dello storico ottocentesco palazzo Bocconi-Rizzoli Carraro ad opera di Mario Cucinella.
Dal fluido piano interrato ipogeo che si rifà alle tombe etrusche di Cerveteri con le forme curve della pietra serena, passa ai piani superiori con il riposizionamento delle boiserie e degli arredi preesistenti, in un susseguirsi di stanze dal fucsia al green, ognuna delle quali riserva piccole meraviglie.
E prima o dopo entra in giardino, curato dallo studio Greencure Marilena Baggio che ha optato per le specie arboree preesistenti che necessitino di poca irrigazione, godibili passeggiando lungo il vialetto che ne è circondato.
Non potevano mancare dei tavolini all’aperto del bistrot dove godere di relax e della vista in uno degli interni più suggestivi e insoliti a due passi da Porta Venezia.
FORSE NON SAPEVI CHE..
L’ingresso è gratuito ogni prima domenica del mese, per visitare i due piani del Museo e osservare con calma le oltre 250 opere della collezione.
Il progetto originario di un grande Palazzo per le Arti affidato a Giovanni Muzio negli anni '30, nella sua massima espressione di architettura razionalista, conteneva già scelte innovative e introduzioni pionieristiche per l’epoca come l’impiego del clinker (componente per la creazione del cemento), il linguaggio industriale e gli studi sull'ottimizzazione della luce naturale.
Dopo la chiusura a cui avevano portato i bombardamenti della seconda guerra mondiale e i parziali restauri, finalmente nel 2002 l’architetto Michele De Lucchi viene incaricato di dare a Triennale una nuova veste in linea con il progetto originario, che le restituisca autenticità e pulizia formale:
"Fa parte della sensibilità contemporanea godere di spazi liberi, aperti, semplici dove la funzionalità meglio si combina con l’emozione"
E non poteva che essere qui che nel 2019 il tanto atteso museo del design diventa “il” Museo del Design, in una città protagonista della storia negli ultimi 50 anni quanto a manifestazioni, designer, aziende, mostre e dibattito culturale.
Se poi ti affacci dalla lunga scalinata verso il giardino immerso nel Parco Sempione, ti accorgi che la natura si dilata in spazi ampi e visionari, grazie anche all'inventiva di vari artisti che in diversi momenti hanno collocato qui le loro opere. Prima fra tutti la grandiosa vasca-fontana di De Chirico del 1973, che ha donato alla città uno scorcio del suo mare e della spiaggia che proprio a Milano mancavano.
FORSE NON SAPEVI CHE...
Al piano terra del Palazzo dell’Arte puoi trovare Cuore, lo spazio di 400 metri quadri aperto gratuitamente a tutti e centro di studio dove sono conservati gli archivi e la biblioteca di Triennale, progettato da AR.CH.IT Luca Cipelletti, che rende disponibile al pubblico uno degli ambienti originari di Muzio.
In una serata di nebbia dopo uno spettacolo alla Scala, la visione della coppia Campiglio-Necchi commissionò negli anni '30 a Piero Portaluppi una villa in città che sembrasse una residenza di campagna, dove ospitare la collezione d’arte ma soprattutto che diventasse il luogo conviviale dove ricevere gli amici, quali brillanti, sofisticati e bon vivant erano.
Ma il risultato finale non deriva solo dall’impianto progettuale del più avveniristico architetto razionalista su piazza, con le sue losanghe geometriche, la finestra a forma di stella e tutto quanto disegnato da lui personalmente, tra una sala di proiezione e la palestra, porte scorrevoli e caveau segreti.
La sua passione per i materiali e la fiducia nella tecnologia si tradusse perfino in una piscina riscaldata; l’importanza della luce naturale diede vita a un salotto verde, l’affascinante veranda-serra con le piante inserite fra i doppi vetri.
La villa è frutto di uno spirito rivoluzionario e poi di una piccola controriforma, quando, completati i lavori, i proprietari si rivolgono al grande architetto classicista Tommaso Buzzi, che riveste di ispirazione rinascimentale le forme razionali e gli spazi minimalisti di Portaluppi: gli arredi Luigi XV e arazzi in Fiandra convivono ancora oggi con gli oggetti d’uso quotidiano, tutti disegnati naturalmente da Portaluppi.
Villa Necchi è dunque il prodotto della fantasia di un architetto geniale e rimane un edificio di straordinaria modernità, che combina la semplicità delle linee e la varietà dei materiali; un volto che ancora caratterizza ancora oggi i più bei palazzi del centro di Milano.
È parte del circuito della case museo di Milano.
FORSE NON SAPEVI CHE...
Nel garage della villa puoi visitare l'installazione video-immersiva promossa dal FAI, Un Ambiente per l'Ambiente. Un tuffo nella Milano città d'acqua e anche una riflessione per prenderci cura dell'ambiente in cui viviamo.
Un’incredibile opera di riqualificazione industriale nata nel 2015, quando gli occhi sono puntati su Milano per via dell’Expo, è quella dell’ex distilleria dei primi del Novecento diventata un campus dove immergersi nell'arte ma anche nell'architettura, nel cinema, nella filosofia e nella scienza: la Fondazione Prada.
Il lungo sodalizio tra sfilate, negozi internazionali e uffici, è tra la casa di moda e il premio Pritzker del 2000 Rem Koolhaas, dello Studio di progettazione OMA. Ne è nato un unicum nel mondo progettuale, in cui le opposizioni definiscono la natura della Fondazione: materiali industriali e più preziosi, vecchio e nuovo, orizzontale e verticale, bianco e nero.
Quel che subito si imprime nell'immaginario è l'uso davvero innovativo, se non rivoluzionario, dei materiali dei rivestimenti: la schiuma rigida di alluminio che riveste alcuni dei 10 edifici non è mai stato usato prima in edilizia civile, ma solo in quella militare per blindare mezzi.
Il palazzo più iconico che ha cambiato definitivamente la fisionomia e ha dato un tocco di colore e brillantezza a tutta la parte di Milano a sud di Porta Romana è l’emblematico edificio dorato, ex-silo. La scoperta dell’ultimo momento è che l’oro in foglia fosse inaspettatamente più economico di altri rivestimenti tradizionali, come ad esempio il marmo.
Il Bar Luce disegnato dal regista texano Wes Anderson nasce invece dall'ispirazione di realizzare locali tratti dai suoi film, come fece anche nel ricostruito noodle bar a Londra in occasione dell'uscita del suo film Isle Of Dogs. Qui invece l’omaggio va anche al neorealismo italiano, con Rocco e i suoi Fratelli del 1960 e Miracolo a Milano del 1951, citato in un quadro all'entrata.
FORSE NON SAPEVI CHE...
Dalla terrazza panoramica del ristorante Torre - ultimo edificio del 2018 - a quota 60 metri puoi godere della vista mozzafiato su tutta la città, ma non solo.
Gli arredi sono quelli originali del ristorante Four Seasons di New York disegnato da Philip Johnson nel 1959, e sono qui custodite tre straordinarie opere in ceramica di Lucio Fontana: Cappa per Caminetto del 1949, Testa di Medusa (1948-54) e Pilastro del 1947.
Ci troviamo in una delle zone ad alta intensità creativa della città, zona Tortona: fra i tetti rigidi delle ex officine Ansaldo dei primi del '900 svetta uno spazio sinuoso, opera di un’altra grande operazione di recupero di archeologia industriale, e destinato dopo il Duemila a casa delle culture del mondo: il MUDEC - Museo delle Culture.
Il progetto originario è ad opera dell’architetto britannico che ha vinto il concorso nel 2000, David Chipperfield, anche se il Comune ha dovuto modificarne alcuni aspetti in corso d’opera per inaugurarlo nel 2015, specificando poi in cosa si discostasse dall’idea di Chipperfield. Per i curiosi del genere, la pietra basaltina di Viterbo, immaginata da Chipperfield per la pavimentazione, fu sostituita da una molto meno costosa pietra etnea; operazione che stravolse l’impatto estetico del museo, secondo l’architetto inglese, che comunque alla fine riconobbe la paternità dell’opera.
All'entrata l'impatto dal cortile è un insieme di volumi rivestiti in zinco titanio, che alludono al passato industriale dell’area, ma già dalla hall di ingresso - con tutti i servizi di guardaroba, caffè, shop e spazio bambini - lo sguardo è catturato dalla grande scalinata in pietra nera da cui si intravede la vera hall dell’edificio: una Agorà fluida e luminosa – in origine la vera hall all’ingresso del Museo - una piazza coperta dalla forma simile a una corolla, con la struttura in acciaio ricoperta in vetro opalino, che le dà quell’inaspettato senso di onirico e introduce e dialoga con i vari mondi delle culture ospitate.
PER I PIÙ CURIOSI...
Il museo produce serie di podcast su diversi argomenti, legati alle mostre in programma o alla vocazione di centro dedicato alle culture del mondo. Si va da Mondrian spiegato ai bambini alle fiabe dal Perù, alla riflessione sull'uso delle parole in un mondo multietnico. Puoi trovali tutti a questa pagina.