Prima del Cenacolo e delle innovazioni nei Navigli, prima dei progetti per la cupola del Duomo o per le macchine di volo, Leonardo presenta al duca Ludovico il Moro una lettera che è tra i primi curriculum vitae di ogni tempo.
In dieci punti il Nostro invita il Moro a metterlo alla prova. Nove punti parlano di difesa e attacco militare, tra carri armati, bombarde, ponti mobili, trabucchi e tunnel segreti. Un punto solo è dedicato agli interventi in architettura e idraulica, per una Milano più bella ed efficiente in tempo di pace, alla pittura e alla scultura… e a un immortale e maestoso cavallo di bronzo per celebrare il padre del Duca, quel Francesco Sforza che aveva portato la famiglia al potere.
I dettagli contano, soprattutto se inseriti nel punto strategico. Il curriculum è un successo e, ovviamente, arrivato per la guerra, Leonardo rimane per la pace: è il nuovo costumista e coreografo delle stravaganti feste glamour della corte sforzesca, ed il primo incarico è proprio il grande Cavallo, un progetto cui torna a lavorare a più riprese negli anni e che lo tormenterà nei sonni.
Leonardo riempie fogli di disegni e studi anatomici, schizzi e appunti sul movimento, sedendosi tra le scuderie ducali del Castello Sforzesco e, anni dopo, del Castello di Vigevano, davanti agli esemplari più belli dell’epoca. La sfida è ardua: estro artistico e maestria tecnica da fondere in 150 tonnellate di peso e 8 metri di altezza per la statua equestre più grande del mondo. Dopo anni di progettazione e lavoro, il modello preparatorio in terracotta finisce sotto gli occhi di tutti nel cortile dell’attuale Palazzo Reale, un trionfo di pubblico e critica.
Ma la guerra è alle porte di Milano e il bronzo accantonato per la fusione finisce per diventare armi e cannoni da usare in battaglia. Nei suoi appunti un Leonardo sconsolato scrive “Del Cavallo non parlerò più”.
Il sogno di Leonardo attraversa i secoli e diventa il sogno di Charles Dent, aviatore americano con la passione per l’arte e il Rinascimento: nel 1977 Dent legge un articolo sul National Geographic intitolato “The horse that never was” e riparte la romantica impresa per realizzare il Cavallo di Leonardo, un appassionato crowdfunding durato anni.
Il cerchio si chiude nel 1999, quando la colossale statua firmata dall’artista giapponese Nina Akamu, basata sugli studi dei disegni di Leonardo, arriva a Milano, destinazione Ippodromo di San Siro. Sembra una gigante pittura metafisica: un’immensa bestia in bronzo sola, senza cavaliere, davanti agli archi liberty di un grande palazzo, con la zampa sollevata pronta per lo scatto.
Una curiosità d’autore: il Cavallo di Leonardo è il simbolo dei MIFF awards, il Milano International Film Festival, dedicato al cinema indipendente internazionale.