"Abbiamo deciso di intervistare Michele Azzoni perché l'Ostello Bello è sia un luogo di accoglienza per gli stranieri che "casa" per i milanesi."
Intervista a cura di Perimetro, foto Sha Ribeiro
Il mio rapporto con Milano è di totale reciprocità.
Sono critico ed esigente nei confronti della città e lei lo è nei miei.
Pretendo impegno e rispetto verso i miei bisogni di cittadino, ma so che a mia volta devo impegnarmi e dare, in qualche modo, il mio contributo. Milano, senza l’impegno dei suoi abitanti, non sarebbe mai riuscita ad intraprendere il percorso evolutivo di cui oggi vediamo alcuni risultati.
In passato veniva descritta come un luogo grigio e inospitale.
Il merito più grosso di questa città, secondo me, è di aver superato i suoi stessi stereotipi.
La Barona, che è la zona in cui sono nato, è stata il mio centro per molti anni.
Le mie prime esplorazioni, da ragazzino, mi hanno fatto vivere questa zona come una specie di paesino a se' stante.
In bici potevo raggiungere il Duomo o la cascina Battivacco in piena campagna, impiegando circa lo stesso tempo: pochi minuti.
Da una parte il centro di una città pulsante, dall'altra le sue radici rurali.
A metà degli anni ottanta via Torino era un posto incredibile.
Era il luogo di incontro, e talvolta di scontro, di tutte le controculture giovanili. C’erano i Rockabilly, i Punk, i Metallari, i Dark e così via.
Tra Ticinese e Duomo sorgevano gli unici negozi della città che offrivano tutto ciò che serviva ai diversi gruppi per esprimere se stessi: libri, dischi, abbigliamento, accessori e strumenti musicali.
Nella mia memoria è vivo il ricordo di una città plumbea e colorata allo stesso tempo, in cui le tinte accese delle prime capigliature colorate spiccavano sul grigio dei palazzi.
Ho un debole per il tratto Largo Carrobbio - Colonne di San Lorenzo: è un luogo che ho bazzicato per molto tempo e che frequento tutt’ora.
Mi piace un sacco la forma rettangolare che racchiude quello che sembra un gigantesco playground che unisce via Torino a Corso Ticinese e in effetti quel tratto di strada è stato uno dei luoghi in cui, grazie al fermento giovanile, si è definito il DNA della città in cui viviamo oggi.